IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza emessa il 5 novembre 1991 dal pretore di Savona (giudice Piera Maria Vipiana) nel procedimento penale n. 16333/90 reg. gen. a carico di Ragogna Mario; Letti gli atti del procedimento ed esaminate le risultanze dibattimentali; O S S E R V A Ragogna Mario e' stato citato in giudizio perche' imputato della contravvenzione di cui all'art. 26 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, per avere, in qualita' di legale rappresentante della ditta "Sicis S.p.a.", effettuato, presso la sede dello stabilimento, lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi, senza essere munito dell'autorizzazione prescritta dall'art. 16 del d.P.R. n. 915/1982. La normativa statale (ossia gli artt. 6 e 16 del d.P.R. n. 915/1982, come specificato dalla delibera 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale di cui all'art. 5 del d.P.R. stesso) prevede l'obbligo dell'autorizzazione per ciascuna delle fasi dello smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, compresa la fase dello stoccaggio provvisorio. Il d.P.R. n. 915/1982, che non distingue l'ipotesi in cui esso avvenga nello stabilimento da quella in cui abbia luogo presso terzi, sancisce inoltre, all'art. 26, sanzioni penali per lo stoccaggio provvisorio non autorizzato. La legge regionale della Liguria n. 1 dell'8 gennaio 1990 statuisce, al primo comma dell'art. 18, che si considera autorizzato lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi presso il produttore degli stessi, purche' siano rispettate le seguenti condizioni: a) che i rifiuti, se allo stato liquido o fangoso pompabile, non superino per ciascuna unita' o centro di produzione il quantitativo annuo complessivo di 10 mc e il quantitativo presente in detenzione di 5 mc; b) che i rifiuti, se allo stato solido o fangoso palabile, non superino, per ciascuna unita' o centro di produzione, il quantitativo annuo complessivo di 50 mc ed il quantitativo presente, in detenzione di 10 mc; c) che i rifiuti siano custoditi in un sito al coperto dell'uopo destinato secondo le disposizioni generali di cui al paragrafo 4, punto 4.1, della deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale di cui all'art. 5 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915; d) che i rifiuti vengano asportati almeno ogni sei mesi ovvero, nel caso che il loro quantitativo annuo non superi i 2 mc, almeno una volta all'anno. Tale comma contiene una disposizione che soltanto nominalisticamente si differenzia dalle disposizioni di altre leggi regionali, che esoneravano dalla necessita' di autorizzazione lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi effettuato a determinate condizioni (art. 15, quinto comma, della legge regione Friuli-Venezia Giulia n. 30 del 7 settembre 1987; art. 18, primo comma, della legge regione Emilia-Romagna n. 6 del 27 gennaio 1986, come modificato dall'art. 13 della legge regione Emilia-Romagna n. 29 del 26 luglio 1986; art. 34, secondo comma, della legge regione Marche 26 aprile 1990, n. 31), e sono state dichiarate incostituzionali dalla Corte costituzionale (con la sentenza n. 370 del 27 giugno 1989, quanto alla prima disposizione, nonche' con la sentenza n. 213 del 24 maggio 1991, relativamente alle disposizioni della legge dell'Emilia-Romagna e della legge delle Marche). Invero, la norma legislativa che esclude dall'obbligo di autorizzazione talune fattispecie di stoccaggio provvisorio equivale alla norma legislativa che le consideri autorizzate. In altri termini, la disposizione secondo la quale "si considera autorizzato lo stoccaggio provvisorio che presenti le condizioni" ivi indicate non si limita affatto a dettare i presupposti del rilascio dell'autorizzazione, ma in realta' abolisce l'esigenza dell'autorizzazione di fronte ai presupposti medesimi. Che il summenzionato primo comma dell'art. 18 della legge regione Liguria n. 1/1990 debba essere inteso in tal modo si evince, d'altronde, dal tenore del secondo comma dell'articolo, ai sensi del quale il mancato rispetto anche di una delle condizioni di cui al primo comma integra la fattispecie di attivita' di stoccaggio provvisorio, che deve essere autorizzata in base all'art. 16 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915. Cio' dimostra che il legislatore regionale ligure intende riservare l'autorizzazione prevista dal d.P.R. n. 915/1982 ai soli casi di stoccaggio provvisorio realizzato al di fuori delle condizioni di cui al comma primo dell'art. 18 della legge regionale, mentre vuole prescindere da tale autorizzazione ogni qualvolta dette condizioni ricorrano. Di conseguenza, l'art. 18, primo comma, della legge regione Liguria n. 1/1990, pur non usando espressamente tale verbo, esonera lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi effettuato alle condizioni ivi previste dalla necessita' dell'autorizzazione di cui all'art. 16 del d.P.R. n. 915/1982. Interpretando in tal modo la disposizione, questo Pretore ritiene che sia non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del summenzionato art. 18, primo comma, della legge regione Liguria n. 1 dell'8 gennaio 1990, in riferimento agli artt. 117, 25, secondo comma, 3, primo comma, e 97, primo comma, della Carta costituzionale. I dubbi di costituzionalita' sorgono se si confronta la disposizione con l'assetto normativo vigente in materia. Si consideri che per ogni fase dello smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, inclusa la fase dello stoccaggio provvisorio, la legislazione statale (art. 16 del d.P.R. n. 915/1982) e la normativa comunitaria della quale essa costituisce attuazione (artt. 6 e 9 della direttiva CEE n. 78/319 del 20 marzo 1978) richiedono un'autorizzazione rilasciata dall'autorita' competente. In proposito, come emerge dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, rispetto allo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi non puo' essere distinta ed autonomamente disciplinata (e, in ispecie, non puo' essere sottratta ad autorizzazione) una fase di accumulo provvisorio di tali rifiuti nell'interno dello stabilimento o uno stoccaggio provvisorio rilevabile in presenza di determinate condizioni (Corte costituzionale, sentenze n. 43 del 2 febbraio 1990, e n. 213 del 24 maggio 1991). Inoltre, sempre relativamente all'autorizzazione in esame, l'art. 9 della direttiva CEE n. 78/319 precisa che essa ha riguardo, "in particolare", ad una serie di elementi (quali i tipi ed i quantitativi dei rifiuti, nonche' i luoghi dello smaltimento), e puo' altresi' prescrivere indicazioni specifiche da fornire e puo' venir concessa per un tempo determinato ed essere accompagnata da condizioni ed obblighi. Da parte sua, l'art. 16 del d.P.R. n. 915/1982 afferma che, ai fini del rilascio di ognuna delle autorizzazioni ivi menzionate, devono essere accertati vari presupposti, alcuni dei quali vengono indicati nell'articolo medesimo. Infine, la deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 915/1982 fissa i criteri generali per il rilascio delle autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, detta gli elementi da accertarsi di volta in volta in sede di istruttoria ed elenca una lunga serie di dati che l'autorizzazione stessa dovrebbe precisare. La giurisprudenza della Cassazione penale ha interpretato la normativa in materia di smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi nel senso che in tale settore non vi e' spazio per autorizzazioni tacite e generiche, e ha desunto tale suo convincimento sia dalla dizione letterale delle norme, sia dalla finalita' delle medesime, dirette ad assicurare che ogni fase si svolga in assoluta sicurezza per la sa- lute e per l'ambiente, sulla base di prescrizioni puntuali e specifiche dell'atto di autorizzazione (in tal modo si e' espressa, da ultimo, la sentenza della Corte di cassazione, terza sezione penale, n. 4261 del 15 aprile 1991). In sintesi, quindi, dalla direttiva comunitaria e dalla normativa statale di attuazione si desume che l'autorizzazione cui e' soggetta ciascuna fase dello stoccaggio di rifiuti tossici e nocivi e' un provvedimento specifico che viene rilasciato, di volta in volta, a seguito di un'approfondita istruttoria, e quindi dell'accertamento e del vaglio di tutte le condizioni della fattispecie concreta (che l'art. 9 della direttiva e l'art. 16 del d.P.R. n. 915/1982 affermano di indicare in via meramente esemplificativa). Ad indicare il notevole rilievo attribuito dal sistema all'autorizzazione in esame, la legge statale, poi, punisce penalmente (all'art. 26 del d.P.R. n. 915/1982) chiunque effettui le fasi di smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi senza la relativa autorizzazione Se quello cosi' sintetizzato e' il contenuto della normativa comunitaria e statuale in tema di stoccaggio provvisorio dei rifiuti tossici e nocivi, palesi appaiono i profili di incostituzionalita' dell'art. 18, primo comma, della legge della regione Liguria n. 1/1990. La norma ivi contenuta si rivela, innanzi tutto, in contrasto con i precetti di cui agli artt. 117 e 25, secondo comma, della Costituzione, producendo un'ingiustificata differenziazione della disciplina generale ed introducendo un'inammissibile ipotesi di depenalizzazione. Invero, come la Corte costituzionale ha osservato, anche per censurare norme analoghe di altre regioni (sentenze nn. 370 del 27 giugno 1989, 43 del 2 febbraio 1990, 309 del 22 giugno 1990, e 213 del 24 maggio 1991), la potesta' legislativa regionale e' destinata a cedere all'intervento statale legislativo ispirato a criteri di omogeneita' ed univocita' di indirizzo e generalita' di applicazione in tutto il territorio nazionale con specifiche norme che riguardano anche i risvolti penali del problema affrontato ed aventi, comunque, lo spessore di leggi attuative di obblighi contratti in sede comunitaria (nel medesimo senso si e' espressa la sentenza n. 117 del 15 marzo 1991 della Corte costituzionale). Inoltre, sempre in base agli orientamenti consolidati della Corte costituzionale (cfr., oltre alle pronunce menzionate da ultimo, la sentenza n. 487 del 25 ottobre 1989), la fonte del potere punitivo risiede solo nella legislazione statale, mentre le Regioni non dispongono della possibilita' di comminare, rimuovere o variare con proprie leggi le pene previste in una data materia: non possono, cioe', interferire negativamente con il sistema penale statale, considerando penalmente lecita un'attivita' sanzionata penalmente dall'ordinamento nazionale. Parimenti ad avviso della Corte costituzionale (sentenze nn. 370/1989, 43 e 309 del 1990, e 213/1991), entro il sistema di scelte sanzionatorie non si possono introdurre arbitrarie distinzioni, in quanto risulterebbe sconvolta la complessiva logica della legge diretta ad attuare direttive CEE con una uniformita' di trattamento in tutto il territorio nazionale. Sotto quest'ultimo profilo la norma di cui si sospetta l'incostituzionalita' sembra violare altresi' il principio di cui all'art. 3, primo comma, della Costituzione, poiche' determina un trattamento ingiustificatamente privilegiato di taluni cittadini rispetto a chi effettui un identico stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi in altre regioni d'Italia, ed in ispecie in quelle regioni (Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Marche) che si erano dotate di disposizioni regionali analoghe poi dichiarate incostituzionali dal giudice delle leggi. Infine la norma di cui all'art. 18, primo comma, della legge regione Liguria n. 1/1990 si rivela in contrasto con un ulteriore precetto della Carta fondamentale, che, ad avviso di questo pretore, emerge da un'attenta lettura dell'art. 97, primo comma, della Costituzione, laddove esige che i pubblici uffici siano organizzati in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialita' della pubblica amministrazione. Specialmente il principio del buon andamento sembra, difatti, comportare che le scelte demandate dalla legge all'autorita' amministrativa e da effettuarsi ad opera di questa di volta in volta e previa attenta valutazione di tutte le specificita' del caso, non possano venir escluse a priori mediante la determinazione di una norma legislativa regionale. Nella specie in esame - come si e' dianzi precisato - l'autorizzazione allo stoccaggio provvisorio dei rifiuti tossici e nocivi viene configurata dal sistema normativo comunitario e statale (come inteso dalla giurisprudenza) alla stregua di un provvedimento dotato di svariati contenuti concreti, e da adottarsi, in seguito ad un'apposita istruttoria, sulla base delle peculiarita' di ogni singola ipotesi. Pertanto la norma legislativa regionale che di fatto elimina un'autorizzazione del genere viola quel principio di concretezza (ossia di concreta decisione di ogni singolo caso) che appare insito nel precetto dell'art. 97 della Costituzione. Oltre che non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale suesposta appare altresi' rilevante per la decisione del procedimento penale in corso. Invero, non risulta contestato il fatto che l'imputato Ragogna, nella sua qualita', abbia effettuato lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi nella sede dello stabilimento; inoltre dalle disposizioni di tutti i tre testi esaminati a dibattimento e dalle stesse affermazioni della difesa, e' emerso che lo stoccaggio in questione e' avvenuto nel rispetto delle medesime condizioni poi sancite dall'art. 18, primo comma, della legge regione Liguria n. 1/1990. D'altronde, sebbene tale norma sospetta di incostituzionalita' sia contenuta in una legge posteriore alla commissione del reato, essa dovrebbe trovare applicazione nella specie ai sensi dell'art. 2, secondo comma, del codice penale, in quanto norma favorevole all'imputato, sicche' il processo dovrebbe concludersi con la piena assoluzione dell'imputato perche' il fatto non e' (piu') previsto dalla legge come reato. Viceversa, una declaratoria di incostituzionalita' della norma lascerebbe integra la possibilita', per il giudice, di affermare la responsabilita' penale dell'imputato, perche' il fatto da lui commesso potrebbe astrattamente rientrare nella fattispecie punita dall'art. 26 del d.P.R. n. 915/1982. Un tale aspetto della rilevanza della questione di costituzionalita' e' stato riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 370/1989, riguardo alla questione sollevata, con osservazioni similari sul punto, dal pretore di Latisana nella sua ordinanza dell'8 novembre 1988.